A fine anno, restiamo: la storia di Sunsea
Quando un sogno silenzioso diventa uno spazio condiviso
Questo è stato un anno di gratitudine
Perché, diciamoci la verità: Sunsea non è nato in un contesto semplice.Il modo in cui siamo state accolte, passo dopo passo, è stato qualcosa di profondamente inatteso.
Senza forzare.
Senza convincere.
Restando fedeli a ciò che siamo.
Ma per raccontare davvero Sunsea, bisogna tornare un po’ indietro.
Le radici: quando il sole era una mancanza
Sunsea nasce prima di avere una forma.
Nasce a Parigi, in un tempo in cui il sole illuminava raramente i miei weekend e il mare era solo un desiderio lontano.
Nasce da un amore incondizionato per la luce, per l’acqua, per tutto ciò che allora mancava.
Già allora sapevo che, se un giorno avessi creato qualcosa di mio, avrebbe avuto quel nome.
Sunsea non era un’idea chiara, era un richiamo.
Poi arriva il rientro in Italia.
O forse, più che un rientro, una nuova casa.
Un luogo più lento, che mette l’accento su cose più vere.
Ed è lì che mi accorgo di una mancanza diversa: mi mancava praticare insieme a qualcuno. Mi mancava essere guidata. Mi mancava uno spazio.
Non uno spazio perfetto.
Uno spazio in cui sentirmi accolta.
Uno spazio in cui la pratica potesse essere condivisa.
I primi passi: fragili, reali
Il primo Sunsea è stato una scommessa.
Uno spazio precario, vicino a un bar all’aperto.
Freddo d’inverno, caldo d’estate, senza aria condizionata.
Fragile, imperfetto, reale. Non c’erano garanzie. C’era solo la scelta di provarci.
Poi, con il tempo, è arrivata l’opportunità di spostarci in un luogo più grande, più strutturato.
E passo dopo passo Sunsea è diventato qualcosa di più concreto, più affidabile, più presente.
Ma la difficoltà più grande non è mai stata il luogo.
Oltre un’idea di yoga
La sfida vera è stata andare oltre un ideale molto radicato: l’idea che lo yoga qui non potesse funzionare. Che fosse qualcosa di strano, lontano, per pochi “strani”.
Che appartenesse a mondi diversi da questo.
E allora Sunsea ha semplicemente continuato a essere.
Con un approccio non integralista, ma contemporaneo.
Che si nutre delle vere radici della pratica, ma capace di parlare al presente.
Senza creare distanza.
Senza creare etichette.
La pratica: fermarsi, sentire, respirare
Per me lo yoga non è mai stato “fare”. È stato fermarmi.
Trovare il coraggio di rallentare (che spesso spaventa più del movimento.)
Sentire il respiro che entra ed esce.
Il grip del tappetino sotto i polpastrelli.
Le sensazioni del corpo, senza giudizio.
Tornare a sentire. Ad affinare i sensi. A lasciare andare ciò che per anni ci è stato insegnato a trattenere.
Ed è incredibilmente semplice, se si ha il coraggio di superare le prime volte.
La vera conquista: le persone
Ma la cosa più bella non è avvenuta solo sul tappetino. La vera conquista di Sunsea è stata la community che si è creata. E che ha continuato a vivere anche fuori.
Persone che si sono incontrate, riconosciute, scelte. Persone diverse, per storie, età, background, che hanno trovato un punto comune.
Ed è forse questo il vero potere di Sunsea: avvicinare le persone e creare legami che restano.
Forse lo yoga è proprio questo. Non solo ciò che accade durante la pratica, ma quello che resta dopo. Quando le persone si incontrano davvero, nel diverso.
E restano.
Grazie
Questo articolo non può chiudersi senza un grazie che viene prima di tutto.
A Simona e Wlenia.
Le uniche due persone che hanno creduto in Sunsea sin dal primo istante.
Senza condizioni.
Senza riserve.
Se oggi siamo qui, è soprattutto grazie a loro.
Il resto è solo un passaggio. Noi continuiamo da qui.
Insieme.